Intervista con Stéphane Quellet La professione di birraio è molto varia

Stéphane Quellet è andato in pensione alla fine di febbraio dopo 35 anni alla Feldschlösschen. Per un quarto di secolo si è occupato con passione degli apprendisti. Quindi abbiamo pensato di parlare con lo svizzero romando dell’orgoglio professionale dei giovani birrai, dei motivi della carenza di personale e dei grandi cambiamenti nella professione.
1. März 2021
#Rund ums Bier

Interview

La professione del birrificatore assomiglia ancora a ciò che era quando Lei, circa quarant’anni fa, svolse la sua formazione?

Molto poco, dato che la professione, come tante altre d’altronde, è cambiata moltissimo. In passato i birrai si occupavano soprattutto di mansioni manuali, come il trasporto e la miscelazione degli ingredienti o il lavaggio a mano delle botti di fermentazione e delle cisterne. Oggi invece, siamo diventati degli operatori con la responsabilità di gestire e monitorare dei processi automatizzati. Oltre alle competenze tecniche e tecnologiche, sono necessarie anche delle conoscenze nel campo informatico. Il lavoro intellettuale è aumentato, mentre a livello fisico la professione è molto meno impegnativa.

 

Sceglierebbe comunque anche oggi di seguire una formazione birraia?

Sì, sceglierei sicuramente questa formazione, anche se oggi la denominazione è «tecnico/a alimentarista (AFC) con specializzazione nella birra». Nonostante i cambiamenti, la professione è rimasta molto varia. Comprende la conoscenza e l’analisi degli ingredienti, la tecnologia, il controllo di qualità, l’informatica e molto altro. Nonostante tutto, non si perde mai il contatto con la birra. Al termine della mia vita professionale posso dire di aver fatto del mio passatempo il mio lavoro.

 

Perché da anni si lamenta una carenza di personale specializzato?

Perché, oltre alla professione, sono cambiati anche i giovani. Gli orari di lavoro irregolari e i turni sono poco appetibili per la maggior parte dei giovani, che in molti casi preferiscono addirittura un lavoro a tempo parziale. A questo si aggiunge il fatto che i giovani devono optare per una formazione al termine delle scuole dell’obbligo, quando non hanno ancora un vero approccio con la birra. Non a caso riceviamo richieste soprattutto da giovani di età compresa tra i 18 e i 20 anni. A questa età, ovviamente, si sono già avvicinati maggiormente alla birra, l’hanno già bevuta. A questo si aggiunge la complicazione che un birrificio, per poter formare degli apprendisti, deve essere un’azienda di una certa grandezza. Per questi motivi, anche in futuro non sarà semplice trovare abbastanza candidati.

 

Questa carenza di personale specializzato si applica a tutta l’industria alimentare?

Sì, purtroppo. Ogni anno si formano come tecnici alimentaristi (AFC) non più di 100 giovani. Il problema principale è che la professione non è abbastanza conosciuta. Noto che le persone consumano gli alimenti, ma non sono interessate alla loro produzione.

 

Quali prospettive hanno i giovani birrai?

Ottime, dato che da quando la professione di birrificatore, nell’anno 2000, è stata integrata nella formazione di tecnico/a alimentarista (AFC) gli apprendisti acquisiscono competenze in tutti gli aspetti della produzione degli alimenti. Così hanno competenze di base anche in altri campi, come i prodotti della pasticceria, il cioccolato e prodotti Convenience. Questo amplia le possibilità di assunzione. E poi vengono offerti molti perfezionamenti.

 

Dunque, da 25 anni si occupa con passione degli apprendisti …

… e questo è stato per me sempre fonte di motivazione e ispirazione. È interessante vedere come i giovani si sviluppano durante la formazione. Superano la loro timidezza e sviluppano una grande passione. Oltre alle competenze specialistiche, acquisiscono anche competenze sociali, come il lavoro di squadra e il senso di responsabilità. Sono giustamente orgogliosi della professione, in quanto i tecnici alimentaristi danno un contributo fondamentale all’alimentazione.

Stéphane Quellet

Il neocastellano, dopo la maturità, ha svolto la formazione birraia a Losanna e si è formato come mastro birraio diplomato a Monaco di Baviera. Nel 1992, Stéphane Quellet è passato dall’impresa «Birra Lugano» al birrificio Gurten di Berna, per finire, quattro anni dopo, alla sede centrale Feldschlösschen di Rheinfelden. Lì, negli ultimi dieci anni, il responsabile della produzione era anche responsabile della formazione di base e dei corsi di perfezionamento. Inoltre, per molti anni ha diretto la commissione di formazione professionale dell’Associazione svizzera delle birrerie. Alla fine di febbraio, Stéphane Quellet è andato in pensione dopo 35 anni di fedele servizio alla Feldschlösschen. L’impresa Feldschlösschen lo ringrazia per il suo impegno e gli augura ogni bene per la nuova fase della sua vita.